La chiesa di S. Maria d’Egro
L’attuale chiesa di S. Maria d’Egro, posta all’interno del cimitero cittadino, sporge su un preesistente luogo di culto di cui non è possibile stabilire con esattezza l’epoca di fondazione. All’inizio del 1600 S. Maria antiqua era in pessime condizioni tanto che si ritenne opportuno di provvedere alla costruzione di una nuova chiesa che venne eretta sullo stesso luogo della precedente. Fu mantenuta la medesima intitolazione a Maria Vergine Assunta, anche se comunemente, ancora oggi, viene detta S. Maria d’Egro. La denominazione Egro proviene da ager, parola latina che significa campagna.
Nel 1612, fu posta la prima pietra del nuovo edificio che risulta compiuto nella parte muraria nel 1636. Nello stesso anno in cui venne portato a termine, fu utilizzato come ospedale durate la guerra fra l’esercito franco-sabaudo e quello imperial-spagnolo di Milano.
La pianta dell’edificio è basilicale, diviso in tre navate tramite otto colonne in granito rosa di Baveno. La navata maggiore termina in un’abside poligonale orientata verso est, dove è presente l’altare maggiore. Al termine delle navate laterali sono poste due cappelle: a sinistra quella dedicata a S. Antonio da Padova, a destra quella di S. Giuseppe. Dietro quest’ultima vi è la sacrestia sormontata da un piccolo campanile a cuspide.
Ritornando alla cappella di S. Giuseppe dobbiamo ricordare che fu di patronato dei Visconti d’Ornavasso fin dalla sua costruzione. Infatti sappiamo che, con atto del 4 dicembre 1635, la fabbriceria della chiesa di S. Maria la concedeva in perpetuo al capitano Giovanni Visconti, con facoltà di costruire una sepoltura nella stessa per uso suo e dei suoi successori. Fu imposto al medesimo l’obbligo di adornare la cappella e di provvedere degli arredi necessari per la celebrazione della Messa. Questa cappella presenta notevoli elementi architettonici oltre che storici. Interessante è l’affresco che raffigura lo sposalizio della Vergine posto sulla parete sinistra sopra l’apertura che la collega con il presbiterio. Sull’altare era presente una tela della Sacra Famiglia – trafugata ormai da diverso tempo – dove, sullo sfondo, era rappresentato un burchiello che rimandava all’estinta confraternita del Suffragio di cui facevano parte, secondo la tradizione orale, i paroni, ossia i proprietari di barche.
Nell’altra cappella, quella di S. Antonio da Padova, è presente, all’interno di una nicchia, una statua in legno raffigurante il santo in atto di reggere un giglio nella mano destra, ma senza Bambino, sottratto in anni passati. Il manufatto è contornato da un ciclo di affreschi rappresentanti S. Francesco d’Assisi, S. Carlo Borromeo, S. Antonio abate e S. Bernardo da Chiaravalle, risalenti presumibilmente al XVIII secolo che si mostrano in avanzato stato di deterioramento.
Senza dubbio la parte dell’edificio che attira di più l’attenzione di chi vi si introduce è il presbiterio che, in seguito ai recenti restauri, ha recuperato tutta la sua luminosità originaria facendo meglio apprezzare le decorazioni e gli affreschi seicenteschi presenti. Nel coro sono rappresentati episodi della vita della Vergine oltre ad alcuni profeti. L’altare è in marmo nero e risale al 1696.
Il pavimento presente è quello originale che, iniziato nel 1705, venne terminato l’anno seguente nella navata maggiore; la restante parte risulta compiuta nel 1710.
L’interno dell’edificio subì importanti opere di restauro e abbellimento nel 1929. In quell’anno vennero eseguiti, dal pittore Riva di Sesto Calende, gli affreschi della navata centrale, nonché delle decorazioni presenti in quelle laterali.
S. Maria d’Egro è stata vittima, nel corso degli anni, di molti furti e atti vandalici che l’hanno privata di parecchi oggetti un tempo presenti nel suo interno: ricordiamo in anni non troppo lontani il blasfemo atto dell’asportazione del tabernacolo; il furto e il danneggiamento della balaustra in marmo, di due angeli presenti sull’architrave in legno, delle acquasantiere, nonché di alcune parti dell’altare maggiore. Oggi l’interno appare spoglio di opere, ma al termine dei restauri intrapresi ed in parte ultimati, si potrà meglio apprezzare nella sua globalità questo edificio ricco di storia castellettese, storia che ci viene ancora oggi restituita da numerose iscrizioni che narrano avvenimenti e persone della comunità. Tra questi sono da ricordare i sigilli posti a copertura degli antichi sepolcri presenti sul pavimento: quello dei sacerdoti, quella dei confratelli del SS. Sacramento e Rosario e quello del sodalizio del Suffragio tutti posizionati nella navata centrale. Nella navata di destra è presente quello delle monache Orsoline.
Sulla facciata principale, orientata ad ovest, sono presenti cinque finestre oltre al portale maggiore. Semplici cornici racchiudono le aperture laterali che sono sovrapposte e separate da due nicchie. Più elaborata risulta invece la cornice della finestra posta sopra il portale d’ingresso. La parte sommitale della facciata termina in un timpano. Nel 1988, grazie al lascito di un benefattore, venne completamente restaurata e fu sistemata in modo più razionale l’area verde antistante la stessa.
Per approfondimenti:
S. Della Sala e M. Rancan, La chiesa di S. Maria d’Egro a Castelletto Sopra Ticino. “Ecclesia parochialis campestris”, in corso di stampa.
Nel 1612, fu posta la prima pietra del nuovo edificio che risulta compiuto nella parte muraria nel 1636. Nello stesso anno in cui venne portato a termine, fu utilizzato come ospedale durate la guerra fra l’esercito franco-sabaudo e quello imperial-spagnolo di Milano.
La pianta dell’edificio è basilicale, diviso in tre navate tramite otto colonne in granito rosa di Baveno. La navata maggiore termina in un’abside poligonale orientata verso est, dove è presente l’altare maggiore. Al termine delle navate laterali sono poste due cappelle: a sinistra quella dedicata a S. Antonio da Padova, a destra quella di S. Giuseppe. Dietro quest’ultima vi è la sacrestia sormontata da un piccolo campanile a cuspide.
Ritornando alla cappella di S. Giuseppe dobbiamo ricordare che fu di patronato dei Visconti d’Ornavasso fin dalla sua costruzione. Infatti sappiamo che, con atto del 4 dicembre 1635, la fabbriceria della chiesa di S. Maria la concedeva in perpetuo al capitano Giovanni Visconti, con facoltà di costruire una sepoltura nella stessa per uso suo e dei suoi successori. Fu imposto al medesimo l’obbligo di adornare la cappella e di provvedere degli arredi necessari per la celebrazione della Messa. Questa cappella presenta notevoli elementi architettonici oltre che storici. Interessante è l’affresco che raffigura lo sposalizio della Vergine posto sulla parete sinistra sopra l’apertura che la collega con il presbiterio. Sull’altare era presente una tela della Sacra Famiglia – trafugata ormai da diverso tempo – dove, sullo sfondo, era rappresentato un burchiello che rimandava all’estinta confraternita del Suffragio di cui facevano parte, secondo la tradizione orale, i paroni, ossia i proprietari di barche.
Nell’altra cappella, quella di S. Antonio da Padova, è presente, all’interno di una nicchia, una statua in legno raffigurante il santo in atto di reggere un giglio nella mano destra, ma senza Bambino, sottratto in anni passati. Il manufatto è contornato da un ciclo di affreschi rappresentanti S. Francesco d’Assisi, S. Carlo Borromeo, S. Antonio abate e S. Bernardo da Chiaravalle, risalenti presumibilmente al XVIII secolo che si mostrano in avanzato stato di deterioramento.
Senza dubbio la parte dell’edificio che attira di più l’attenzione di chi vi si introduce è il presbiterio che, in seguito ai recenti restauri, ha recuperato tutta la sua luminosità originaria facendo meglio apprezzare le decorazioni e gli affreschi seicenteschi presenti. Nel coro sono rappresentati episodi della vita della Vergine oltre ad alcuni profeti. L’altare è in marmo nero e risale al 1696.
Il pavimento presente è quello originale che, iniziato nel 1705, venne terminato l’anno seguente nella navata maggiore; la restante parte risulta compiuta nel 1710.
L’interno dell’edificio subì importanti opere di restauro e abbellimento nel 1929. In quell’anno vennero eseguiti, dal pittore Riva di Sesto Calende, gli affreschi della navata centrale, nonché delle decorazioni presenti in quelle laterali.
S. Maria d’Egro è stata vittima, nel corso degli anni, di molti furti e atti vandalici che l’hanno privata di parecchi oggetti un tempo presenti nel suo interno: ricordiamo in anni non troppo lontani il blasfemo atto dell’asportazione del tabernacolo; il furto e il danneggiamento della balaustra in marmo, di due angeli presenti sull’architrave in legno, delle acquasantiere, nonché di alcune parti dell’altare maggiore. Oggi l’interno appare spoglio di opere, ma al termine dei restauri intrapresi ed in parte ultimati, si potrà meglio apprezzare nella sua globalità questo edificio ricco di storia castellettese, storia che ci viene ancora oggi restituita da numerose iscrizioni che narrano avvenimenti e persone della comunità. Tra questi sono da ricordare i sigilli posti a copertura degli antichi sepolcri presenti sul pavimento: quello dei sacerdoti, quella dei confratelli del SS. Sacramento e Rosario e quello del sodalizio del Suffragio tutti posizionati nella navata centrale. Nella navata di destra è presente quello delle monache Orsoline.
Sulla facciata principale, orientata ad ovest, sono presenti cinque finestre oltre al portale maggiore. Semplici cornici racchiudono le aperture laterali che sono sovrapposte e separate da due nicchie. Più elaborata risulta invece la cornice della finestra posta sopra il portale d’ingresso. La parte sommitale della facciata termina in un timpano. Nel 1988, grazie al lascito di un benefattore, venne completamente restaurata e fu sistemata in modo più razionale l’area verde antistante la stessa.
Per approfondimenti:
S. Della Sala e M. Rancan, La chiesa di S. Maria d’Egro a Castelletto Sopra Ticino. “Ecclesia parochialis campestris”, in corso di stampa.
La nuova vetrata della chiesa di S. M. d'Egro
Quando è stata resa nota l'autorizzazione alla sostituzione della vetrata centrale della facciata della chiesa di S. Maria d'Egro, per gli allievi del Laboratorio Tiffany dell'Auser Insieme, è stata una gioia incontenibile che ha coinvolto anche la coordinatrice del progetto Giovanna Broggio, più conosciuta come Giò, e l'assessore Marisa Broggio.
La vetrata, che verrà collocata sopra il portone d'ingresso, propone una grande croce sormontata da un sole nascente simbolo della rinascita dopo la morte in croce di Gesù.
Il disegno ricalca il precedente, nei limiti del possibile, non essendo più visibile completamente per la sostituzione dei vetri rotti senza seguirne lo schema. Le dimensioni sono notevoli: 1,71x2,94 metri; la vetrata è composta da 42 formelle da 28,5x42 centimetri in vetro trasparente, in parte colorato, tipo cattedrale, legate insieme con la tecnica Tiffany.
Ma non finisce qui: con il supporto dei contributi dei castellettesi per l'acquisto del materiale necessario, il Laboratorio Tiffany si prefigge di riuscire a restaurare le altre due vetrate dell'edificio religioso, poco alla volta. L'assessore Marisa Broggio ha fortemente sostenuto il progetto del Laboratorio Tiffany ed è orgogliosa del risultato ottenuto dagli allievi e della sensibilità dimostrata dai privati e di diverse associazioni che hanno consentito la realizzazione finanziandolo.
La vetrata è stata inaugurata nell'estate 2013.
La vetrata, che verrà collocata sopra il portone d'ingresso, propone una grande croce sormontata da un sole nascente simbolo della rinascita dopo la morte in croce di Gesù.
Il disegno ricalca il precedente, nei limiti del possibile, non essendo più visibile completamente per la sostituzione dei vetri rotti senza seguirne lo schema. Le dimensioni sono notevoli: 1,71x2,94 metri; la vetrata è composta da 42 formelle da 28,5x42 centimetri in vetro trasparente, in parte colorato, tipo cattedrale, legate insieme con la tecnica Tiffany.
Ma non finisce qui: con il supporto dei contributi dei castellettesi per l'acquisto del materiale necessario, il Laboratorio Tiffany si prefigge di riuscire a restaurare le altre due vetrate dell'edificio religioso, poco alla volta. L'assessore Marisa Broggio ha fortemente sostenuto il progetto del Laboratorio Tiffany ed è orgogliosa del risultato ottenuto dagli allievi e della sensibilità dimostrata dai privati e di diverse associazioni che hanno consentito la realizzazione finanziandolo.
La vetrata è stata inaugurata nell'estate 2013.